Estratto dal sito www.albanm.com

Farsi curare di “tumore alla prostata” comporta sofferenze e disfunzioni anche gravi, senza che si possano dimostrare benefici: impotenza, incontinenza urinaria. Lo dichiara il New England of Medicine che ha pubblicato due lavori, uno fatto in Europa e uno negli Stati uniti, dove sono state studiate 250.000 persone. Dichiara inoltre che nei 9 anni di osservazione sono morte così poche persone che le differenze tra chi faceva il PSA e chi nulla non sono significative e possono dipendere dal caso.Per riuscire a “salvare” una vitaoccorre sottoporre allo screening 1.400 persone e trattare 48. Vuol dire che si fanno danni a 47 persone per “guarirne” una. (le virgolette sono nostre).

Inoltre dallo studio americano emergerebbe che quelli che fanno il PSA e l’esplorazione rettale muoiono di più che quelli che non fanno alcun esame. Il dubbio rilevato dall’articolo è che i primi muoiono di più quindi per eccesso di cure (chirurgia, radioterapia, chemioterapia e ormoni)…. (e, aggiungiamo noi, per paura). A sostenere le osservazioni degli studi pubblicati dal New England of Medicine e dal Corriere della Sera, ci sono le indicazioni che derivano dalla conoscenza delle 5 Leggi Biologiche: La Prostata. 1) E’ composta da tessuto endodermico che cresce poco alla volta, come un embrione. PERCIO’ E’ VERO CHE CRESCE LENTAMENTE. Inoltre aumenta la sua funzione e cresce nella fase di conflitto attivo, sensatamente, in base alla sua funzione, che è quella di produrre più liquido spermatico per poter fecondare meglio. Le situazioni che attivano la prostata possono essere diverse: desidero avere più donne (che biologicamente significa fecondarle). Mio figlio non può avere figli o è gay o prete (e biologicamente mi attivo io per fare prole) etc. E poiché è facile che non ci sia costantemente un conflitto in attivo ma che proceda per recidive, CRESCE ANCORA PIU’ LENTAMENTE. 2) L’impotenza provocata dalle cure è un fatto accertato. 3) Un intervento clinico produce degli effetti. A parte quelli collaterali dovuti alla “cura” ci sono poi anche quelli in base al sentito della persona. Gli esempi da osservare sono molteplici ma ne facciamo uno per tutti: se la persona diventa impotente, si può facilmente sentire svalutato a livello sessuale. Questo sentito, in fase attiva, produce una osteolisi alle ossa del bacino. Quando poi la persona si mette un po’ il cuore in pace per la sua nuova condizione, andrà in soluzione e le ossa inizieranno a riparare producendo dolore e una diagnosi di metastasi al bacino. La paura farà poi il resto. Anche qui le possibilità sono diverse ma vi propponiamo quelle più comuni: potrà sentirsi solo e abbandonato a sé stesso, in lotta per la sopravvivenza, attivando i tubuli collettori renali (profugo) attivando la ritenzione idrica che andrà ad esasperare qualsiasi sintomatologia. Potrà sentire che per lui non c’è scampo, che morirà, e attivare gli alvoli polmonari (adenocarcinoma alveolare) etc.

______________________________________________________________________ Cancro alla prostata “Il test è inutile” (La Stampa 13/03/2010)

E’ Richard Ablin ad affermarlo, cioè il docente di Immunologia alla University of Arizona College of Medicine, nonché proprio colui che quarant’anni fa scoprì il test del PSA, utilizzato come marcatore per eccellenza dal 1970. Nell’articolo afferma: 1) L’affidabilità del test del PSA è “poco più che tirare una monetina in aria, peggio, è un costoso disastro nel campo della salute pubblica.” E si rivolge sopratutto ai colleghi dichiarando “Non avrei mai potuto immaginare che la mia scoperta avrebbe portato a un disastro regolato dalla legge del profitto”.

2) La sua tesi, già sostenuta da una parte della comunità scientifica è che “l’esame produce molti falsi positivi e troppo allarmismo”. Afferma inoltre che “gli ultrasessacinquenni che sviluppano il tumore alla prostata hanno più probabilità di morire “con” un carcinoma prostatico che “per” un carcinoma prostatico.

3) Il test non misura la gravità della malattia. Uomini con valori bassi di PSA possono comunque sviluppare un cancro della prostata,mentre persone che hanno un valore alto possono essere del tutto sani.

4) Il professore cita uno studio americano dove si rileva che l’esame non ha ridotto il tasso di mortalità.

Le affermazioni dello scopritore del test del PSA non hanno bisogno di altri commenti: ricordiamo solo che il PSA non è un valore relativo solo alla prostata, ma che riguarda diversi tessuti endodermici per cui l’aumento è dato dalla fase attiva dopo diverse recidive. Non a caso persone che si sono sottoposte all’intervento, e che quindi non hanno più la prostata, hanno visto i loro valori di PSA mantenersi tali o addirittura continuare ad aumentare.

Il fatto che sia lo scopritore stesso del test ad avvertire dell’abbaglio e che nonostante questo il problema venga trattato con gli stessi parametri di prima, fa venire voglia di aggiungere qualcosa alle riflessioni sollecitate dal primo punto: è comprensibile che la legge del profitto faccia i suoi interessi, ma quando questo supera il limite andando a ledere i più elementari diritti del cittadino (in questo caso di salute) si può a buon diritto parlare di “truffa a carico del consumatore!” Perchè è di questo che stiamo parlando: ci continuano a vendere qualcosa che oltretutto ci fa male.

 

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